Zona 30 o non Zona 30? Un dilemma che negli ultimi anni sta interessando le politiche comunali delle città ticinesi, le quali mostrano un approccio assai differente alla loro espansione. Se Locarno e Bellinzona dominano la scena delle zone a mobilità ridotta – dove risiede circa l’80% della loro popolazione - nel Sottoceneri la questione trova meno favorevoli nelle fila della politica. Lunedì a Lugano, sia la commissione edilizia che quella della gestione hanno respinto un credito da 2,7 milioni chiesto dall’esecutivo per l’ampliamento delle Zone 30 di ulteriori 44 km, portando la limitazione su 115 km di strade comunali, su un totale di 197 km. Con queste nuove tratte, quasi il 60% delle strade comunali sarebbe limitata a quella velocità. Una decisione che non sorprende il presidente ATA Bruno Storni. “Lugano è sempre stata un po’ restia a queste misure, arrivando quindi sempre un po’ in ritardo rispetto ad altre realtà cittadine. Inoltre, il Messaggio municipale in cui si chiede il credito viene sempre combattuto per via dei costi”.
Finanze, ma non solo
La questione finanziaria, per entrambe le commissioni, non va però sottovalutata in un periodo congiunturale come questo. Ma, come spiegatoci dal membro della Gestione Andrea Censi, ci sono anche altre motivazioni che hanno portato al rifiuto. “Dobbiamo chiamarla con il nome che ha, ovvero una semplice battaglia ideologica”, afferma il consigliere comunale leghista. “C’è chi cerca costantemente di penalizzare il trasporto privato, rispettivamente chi invece si oppone a questa eccessiva ideologia green. Oltretutto, bisogna anche valutare i limiti di questa misura, come l’avere il 60% delle strade comunali a velocità ridotta”. Questo scenario, ci dice Censi, andrebbe ad intaccare anche economicamente chi deve spostarsi per lavoro. “Chi fa la battagli alle automobili la fa anche al trasporto pubblico, che dovranno a loro volta sottostare a questo limite di velocità. Penso però anche a polizia e ambulanze”. Ma per Storni le zone 30 non rappresentano affatto un problema per la popolazione. “Ovunque siano state introdotte la popolazione ha reagito positivamente ed è soddisfatta. Sono zone che diventano infatti più vivibili e sicure, dove risulta più facile girare in bicicletta”. L’opposizione – sempre secondo il presidente ATA – è quindi politica. “Forse i 2,7 milioni sono considerati eccessivi, ma sono completamente giustificati, perché ci sono degli evidenti vantaggi”. Storni ci ha spiegato che le Zone 30 vengono scelte principalmente per i quartieri residenziali, dove non va data la precedenza all’automobile.
Questione traffico cittadino
Zone, quelle residenziali, in cui raramente si percorrono molti chilometri. Ma non c’è comunque un rischio di rallentare ulteriormente il traffico? “Si tratta di zone di partenza da casa, quindi parliamo di pochi metri, che ci portano alle strade principali a 50 km/h. Quindi non si rallenta assolutamente nulla, al massimo ci metto qualche secondo in più ad arrivare, ma so che sto rispettando il quartiere”. Dal canto suo, Censi ha voluto rispondere a Storni dicendo che se allora non cambiano i tempi di percorrenza “allora non si cambiano neanche le velocità all’interno dell’abitato. Non trovo quindi il motivo di estendere ulteriormente le Zone 30”. La risposta di Storni è semplice: questione di sicurezza e inquinamento fonico. “E sono assolutamente giustificate e le promuoviamo anche noi nelle zone sensibili dove vi è reale necessità”, dice sempre Censi, “ma non si possono introdurre a macchie di leopardo per una semplice battaglia ideologica. Chi combatte il trasporto privato continuerà ovviamente a farlo, ma spero in un insuccesso, perché il trasporto privato è in simbiosi con quello pubblico”. Censi ha poi voluto rimarcare un altro aspetto, quello finanziario. “Non tanto per il credito, ma per le tasche dei cittadini. Sappiamo tutti che inserire zone 30 ovunque potrebbe incrementare gli incassi dovuti ai radar”. Ma questa motivazione poco convince Storni. “Anche sul 50 km/h si supera spesso il limite, ma globalmente la sicurezza nelle zone 30 è più alta. È chiaro che questi limiti avranno bisogno di tempo per essere accettati e rispettati, e probabilmente sarà necessario nella fase iniziale introdurre dei controlli di polizia”.
Situazione in altre città ticinesi
Spostandoci nella capitale, il 4 febbraio la Regione titolava “Bellinzona non è una città per Zone 20”. Lì, l'implementazione delle zone 30 km/h è di fatto già molo estesa, con oltre l'80% della popolazione residente in queste aree, come spiegato nei mesi passati al foglio bellinzonese dallo stesso Municipio, che ad oggi sta pianificando ulteriori estensioni, che porteranno questa copertura a oltre il 90% dei residenti. Per quanto riguarda le zone 20 km/h, la loro implementazione è invece più limitata. Motivo per cui il Consiglio comunale ha da poco respinto una mozione che proponeva di aumentarne il numero, ritenendo che la loro realizzazione richieda interventi infrastrutturali significativi e il rispetto di condizioni restrittive. Restando nel Sopraceneri, Locarno circa l’80% della popolazione risiede in zone 30, ma ora il Municipio sta valutando misure per limitare il traffico di transito nella Città Vecchia, al fine di migliorare la vivibilità del quartiere. Nonostante l'introduzione della "Zona d'incontro" abbia apportato benefici, il traffico di transito rimane di fatto elevato. Tornando infine nel Sottoceneri, a Mendrisio dall'11 dicembre è stata introdotta una nuova Zona 30 su Via Carlo Diener e Via Carlo Cattaneo a cui in futuro potrebbero probabilmente aggiungersene altre, i cui progetti sono già in fase di progettazione o di approvazione. In sintesi, mentre alcuni comuni ticinesi stanno ampliando le zone a velocità ridotta per migliorare la sicurezza e la qualità della vita, altri adottano un approccio più prudente, bilanciando le esigenze di mobilità con quelle di sicurezza stradale.