Castel San Pietro
Un vigneto devastato dai cinghiali: "Totalmente compromessi quantità e qualità del raccolto"
© Ticinonews
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Redazione
4 ore fa
La raccolta dell’uva per l’azienda viticola il Caraccio di Castel San Pietro quest’anno è desolante. Più di anno di lavoro è praticamente finito in fumo a causa delle incursioni dei cinghiali arrivati dalle gole della Breggia.

“A un giorno dalla vendemmia lo scenario che ci ritroviamo è questo: un raccolto la cui quantità e qualità sono ormai compromesse. Di quel che resta del grappolo, tutti gli acini sono rovinati e sono stati attaccati da vespe e moscerini. Questo influirà inevitabilmente sulla qualità del mosto e del vino”. Aline e Andre Prada dell’azienda viticola il Caraccio di Castel San Pietro non ne possono più. Da qualche settimana la pressione dei cinghiali è infatti insostenibile: questi sono arrivati fino alle case e non hanno lasciato scampo al vigneto. Come detto dagli stessi proprietari, a un giorno dal raccolto la situazione è drammatica.

“Le Gole della Breggia sembrano un allevamento di cinghiali”

“La vendemmia di quest’anno era già di per sé un po’ scarsa, se poi ci troviamo queste brutte sorprese non è sicuramente piacevole", commenta ai microfoni di Ticinonews Andre Prada. "Abbiamo lavorato tutto l’anno, anche in condizioni non ottimali, e ora siamo passati a condizioni ancora più particolari, con il tempo che non aiuta". Trovarsi di fronte a simili risultati, quindi, "fa venire solo da piangere”. Nel vigneto in cui ci siamo recati il problema arriva dalle vicine Gole della Breggia. Seppur il Cantone abbia generalmente esteso la stagione di caccia per far fronte al problema della crescita degli esemplari di cinghiale, in questo caso ci troviamo in una bandita di caccia. “La bandita è compresa nella zona di Castello e di Morbio, dove queste Gole della Breggia, ad oggi, sembrano dei veri e propri allevamenti di cinghiali e selvaggina”. Prada sottolinea inoltre che il principale problema con cui sono confrontati riguarda il fatto che “siamo un’azienda di 30 ettari, ma di cui due terzi sono vignati. Per questo avremo delle perdite enormi. Non sappiamo cosa fare. Anche se abbiamo degli indennizzi, questi sono comunque insufficienti”.

Reti di protezione quasi inutili

Nonostante le misure messe in atto da agricoltori e viticoltori, come le reti di protezione, i cinghiali riescono a sfondare. Anzi, vanno anche oltre i vigneti. “In questo momento abbiamo cinghiali che entrano anche nei giardini delle ville circostanti. Inoltre, non sono neanche troppo distanti dalle scuole elementari di Castel San Pietro”. Un problema serio: tanti esemplari e tanti danni. Per l’azienda, già alle prese con il clima e le malattie, la vendemmia è praticamente rovinata e di soluzioni non se ne vedono molte. L’auspicio è un intervento da parte del Cantone. “La soluzione è una sola: regolamentare la caccia. O perlomeno, in questa zona specifica, arretrare il perimetro della bandita di caccia in cui i cacciatori possono svolgere il loro lavoro. Mi sono informato, leggendo gli articoli relativi alle bandite. Questi dicono che ‘le bandite cantonali di caccia del Canton Ticino sono aree specifiche dove la caccia è vietata o regolamentata per proteggere determinate specie di animali e garantire la gestione sostenibile della fauna selvatica’. Leggere queste cose mi fa piangere il cuore. Qua si vuole proteggere la selvaggina, ma noi lavoriamo tutto l’anno e alla fine sarebbe bello ricevere il compenso di questo lavoro”, conclude Prada.