Vallemaggia
Una valle ancora ferita, ma decisa a ripartire. Dadò: "L'apertura è un primo, piccolo passo"
3 mesi fa
Ad un mese dal nubifragio, in Alta Vallemaggia continuano i lavori d’urgenza per ricostruire strade, infrastrutture e risollevare l’economia. La popolazione resta toccata, ma è decisa a restare. Ticinonews ha fatto il punto con il coordinatore del Comitato di crisi Fiorenzo Dadò.

Esattamente un mese fa l’Alta Vallemaggia si risvegliava devastata dopo un evento temporalesco eccezionale. E anche se in tempi record è stato aperto un nuovo ponte provvisorio, dopo la distruzione di quello di Visletto, l’emergenza è tutt’altro che terminata. Ticinonews ha ripercorso quanto accaduto negli ultimi 30 giorni. 

"Abbiamo visto la distruzione del nostro comune"

"Mai avrei pensato in vita mia di essere qui oggi a raccontarvi ciò che i miei occhi hanno visto". Quando un mese fa il sindaco di Lavizzara Gabriele Dazio pronunciò quelle parole, ancora non si conosceva la portata dell’evento, né tantomeno la sofferenza delle persone. L’unica immagine a circolare era il ponte distrutto di Visletto che aveva tagliato in due la valle. "Abbiamo visto la distruzione del nostro comune. Avevamo una bella pista di ghiaccio, un centro sportivo che funzionava, ora non c’è più. Avevamo delle abitazioni di vacanza, anche queste ora non ci sono più. Avevamo degli amici che purtroppo in questa triste circostanza ci hanno dovuto lasciare", descriveva Dazio.

La conta dei danni è inestimabile

Con un bilancio aggravatosi di ora in ora, di giorno in giorno, ad un mese dalla catastrofe sono sette le vittime identificate, e una persona che ancora non si trova. E anche se in tempi record l’Alta valle è stata riconnessa al Ticino, in un paio di giorni aprendo al traffico veicolare la passerella ciclopedonale e poi, il 26 luglio, con il ponte provvisorio dell’Esercito, la conta dei danni, ancora oggi, è inestimabile. "Ci vorrà molto tempo per rendere di nuovo vivibile il nostro territorio di Cevio, della Valle Bavona e della Val Lavizzara. Molto lavoro e ingenti risorse finanziare che i nostri comuni chiaramente non hanno", affermava la sindaca di Cevio Wanda Dadò.

"Una cosa inimmaginabile"

Da Bignasco in poi ci sono ancora interi tratti di valle devastati, case distrutte. Senza contare che a soffrire sono anche il turismo, la ristorazione, l’agricoltura. L’animo delle persone che quella notta l’hanno vissuta: "C’erano sassi che arrivavano come asteroidi, una cosa inimmaginabile, indescrivibile. Come fai a pensare di ricostruire com’era prima? Io sono molto temerario, ma adesso ho paura", raccontava un abitante della valle ai microfoni di Ticinonews.

Un Comitato di crisi per ripartire

Il Ticino intero ha teso la sua mano. Decine di volontari hanno ripulito abitazioni dal fango e la lista delle iniziative per raccogliere fondi è lunghissima. Oltre alla campagna dei sindaci sono stati lanciati appelli, eventi, concerti. Ci sono gli aiuti delle Istituzioni, con oltre 150 richieste per lavoro ridotto, e l’Esercito sarà presente fino a settembre. La grande sfida sarà coordinare tutta la macchina, anche per questo è stato istituito un Comitato di crisi. Per evitare che si lucri sulla catastrofe e per ripartire, come la Madonna degli australiani della cappella di Mondada, sfigurata, ma riemersa nel fiume a Cavergno.

Dadò: "Qui c'è da ricostruire tutto"

“L’apertura della Vallemaggia è un primo importantissimo, ma piccolissimo, passo", afferma Fiorenzo Dadò, coordinatore del Comitato di crisi. “Qui c’è da ricostruire tutto. La Valle Bavona è devastata, siamo ancora in alto mare con l’apertura della pista e se pensiamo all’acquedotto, da un momento all’altro tutta la comunità di Cevio rischia di restare senz’acqua”.

Come agire

Occorre adesso stabilire delle priorità e una tabella di marcia. “Anzitutto si devono mettere in sicurezza tutti gli abitati, soprattutto in Lavizzara, dopodiché bisognerà pensare a dei progetti in tempi relativamente celeri e ripartire con la ricostruzione”, prosegue Dadò. "È fondamentale ripristinare le aziende agricole, i greti dei fiumi e la sicurezza in quelle case che oggi hanno dovuto essere sgomberate”. Per quanto riguarda la Valle Bavona “anche qui si tratta di mettere in sicurezza i due abitati di Mondada e Fontana, e di valutare poi anche Roseto e forse Sabbione e Alnedo”.

L'intervento completo di Dadò a Ticinonews: