
Ha rappresentato un appuntamento fisso per generazioni di tifosi. Fan che nonostante il freddo o i chilometri da percorrere per raggiungere la pista, hanno sempre varcato i suoi cancelli per sostenere la squadra. Ha visto gioire e soffrire giocatori e sostenitori. Ha sentito riecheggiare all’interno delle sue volte la Montanara, l’inno del popolo biancoblu che, sciarpe alla mano, salutava così i suoi beniamini dopo aver “lottato per la maglia”. Sul suo ghiaccio, quando non pattinavano i professionisti, sono cresciuti molti giovani, e altrettanti si sono divertiti ad emulare le stelle della squadra durante le partitelle tra amici. Per anni è stata la “pecora nera” delle piste da ghiaccio, perché aperta, con quel vento gelido che d’inverno, a volte, faceva tremare dal freddo i supporter. Eppure per 70 anni è stata lì, vigile, a fare da cornice alla storia dell’Hockey Club Ambrì Piotta. E oggi, come annunciato giovedì dalla società le ruspe scriveranno la parola fine alla storia della “mitica”. Il nuovo capitolo è invece iniziato a settembre all’interno della Gottardo Arena.

La nascita della Valascia
Il primo ghiaccio sul quale giocò l’HCAP non fu quello della “mitica”, ma quello del “Campo Cava”, dove ci fu la prima pista di hockey della squadra. Il ghiaccio era naturale (non c’era ancora un impianto per crearlo artificialmente) e questo rappresentava un problema per la squadra leventinese che decise così di spostare la struttura sotto montagna, laddove oggi ci sono i posteggi. Ma il ghiaccio naturale, malgrado i freddi inverni della Valle, continuava a complicare i piani della società che spesso si trovava costretta ad andare oltre Gottardo per allenarsi. Il motivo? Il sole scioglieva la superficie ghiacciata. E proprio in questo momento, siamo nel 1953, la pista viene spostata di qualche metro e lì è rimasta fino ad oggi. Da questo “trasloco” nasce anche il nome Valascia, da valanga. Alla fine del 1959 fu installato l’impianto di raffreddamento del ghiaccio, spento nel 2021 durante l’ultima partita casalinga dei biancoblu.
La copertura
Bisogna aspettare il 1979 per vedere una copertura totale della pista. L’esigenza nacque dal fatto che il campionato (e la sua preparazione) richiedevano sempre più mesi di ghiaccio e questo andava difeso dalla meteo, soprattutto dal caldo. Così quell’anno la Valascia vide l’arrivo della copertura, degli spalti, dei seggiolini sulle tribune e del ristorante. La pista che, salvo le migliorie richieste dal tempo e dalla federazione di hockey, è arrivata fino ad oggi.

Gioie e dolori
Numerose sono le battaglie che hanno visto i leventinesi vendere cara la pelle all’interno delle mura amiche e uscirne vittoriosi. Tra queste la finale di Coppa Svizzera del 28 gennaio 1962. In una pista gremita (8 mila i tifosi presenti) l’Hockey Club Ambrì Piotta ha vinto la coppa Svizzera recuperando dallo 0-3 al 5-3 il Villars e alzando così il primo trofeo della sua storia.
Nella stagione 1998/99 tra Ambrì e Lugano si disputò la finale di playoff. Fu una stagione storica per l’hockey ticinese che Larry Huras, allora allenatore dei leventinesi, racchiuse così: “Chiudiamo il Gottardo e rendiamo questa finale una festa per l’hockey ticinese”. Durante quel periodo il Ticino si tinse dei colori dei propri club hockeystici. Tifosi in fermento, partite da tutto esaurito. Si respirava hockey in quei giorni tra le strade del Cantone. Il Lugano iniziò la serie vincendo il derby alla Valascia. All’Ambrì andò quello della Resega e pareggiò i conti nella serie. Ai bianconeri andarono le seguenti due partite. E in gara-5 arrivò quella doccia fredda che farà ancora rabbrividire numerosi tifosi leventinesi: il gol di Fuchs che consegnò il titolo al Lugano. Un epilogo che non sorrise ai biancoblu, ma quella stagione - e soprattutto quella finale - mise la Valascia, insieme alla Resega, al centro dell’attenzione.
L’anima della pista
Il fascino dell’atmosfera che si respirava all’interno della Valascia ha superato i confini nazionali e internazionali, attirando l’attenzione di giornali come il New York Times e lasciando un segno indelebile in tutti i giocatori che sono scesi sul ghiaccio della “Mitica”. Una pista definita vetusta. Una pista semiaperta nella quale i freddi inverni leventinesi hanno sempre ricordati ai tifosi, soprattutto ai più freddolosi, di vestirsi “a cipolla” per non patire troppo il freddo. Un freddo solo meteorologico perché la passione che portava il popolo biancoblu ad andare alla pista ha sempre reso incandescente l’ambiente sugli spalti e in tribuna. E se la Valascia ha sempre avuto un suo fascino, unico forse nel mondo, è anche grazie alla fede dei supporter che hanno sempre spinto la squadra. Hanno sofferto con lei. Hanno contestato quel che accadeva al suo interno, ma non hanno mai mollato. Una struttura che al suo interno conserva dei ricordi indelebili per molti fan di fede biancoblu.
A fare da metronomo all’incitamento della squadra alla Valascia, così come nella GottardoArena, è la Gioventù Bianco Blu (GBB) che con i suoi canti e le sue coreografie non ha mai smesso di spingere i giocatori sul ghiaccio. Tra le tante coreografie che hanno “alzato il sipario” dando il via alle partite va ricordata quella del 13 novembre 2018 dove, per i suoi 30 anni la gioventù ha voluto aprire così il derby contro il Lugano.
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