Al via la nuova rubrica di TicinoNews “Web 3.0: capirlo e orientarsi” a cura di Lugano Living Lab - Città di Lugano e l’Istituto di Media e Giornalismo dell’Università della Svizzera italiana. Un appuntamento bisettimanale che cercherà di esplorare lo spazio ampio e per molti nebuloso della galassia Web 3.0.
Il 28 e il 29 Ottobre 2022 la Città di Lugano si trasformerà in un polo informativo e di discussione in ambito Bitcoin grazie all’evento internazionale “Plan B Forum” nato dalla collaborazione tra la Città e Tether. Dire Bitcoin per alcuni è materia quotidiana, per altri tuttavia resta ancora un termine fumoso. Oltretutto se inseriamo il termine Bitcoin all’interno della sfera del cosiddetto Web 3.0, la storia diventa ancora più intricata. Con il Plan B Forum si riuniranno a Lugano esperti del settore impegnati in una divulgazione e condivisione di questa realtà, un evento in inglese e per chi già ha affrontato i primi passi in questo settore. In questo contesto l’esecutivo di Lugano ha assicurato tuttavia una serie di iniziative gratuite, in italiano e aperte a tutti: il Plan B Forum “Open”.
Questo per assicurare in modo aperto, open per l’appunto, a tutti l’accesso ad occasioni preziose per aumentare la propria conoscenza su questi temi e poter fare al contempo esperienze concrete, come svolgere la prima transazione digitale per acquistare una semplice pizza utilizzando una criptovaluta.
Tuttavia già dal 2020 i cittadini e i visitatori di Lugano sono esposti ai termini “criptovaluta”, o “blockchain”. I cittadini che hanno attivato ad esempio l’app MyLugano possono infatti acquistare beni o ricevere sconti utilizzando la criptovaluta cittadina, i LVGA. Nonostante queste nozioni si stiano inserendo nello spazio cittadino di tutti i giorni, i loro significati restano per molti enigmatici e ampi. Proprio perché attorno a questi temi i concetti e le opinioni sono numerose e spesso astratte, puo’ prevalere un senso di smarrimento. Con l’obiettivo di avvicinare in modo critico e consapevole i cittadini a queste nuove tecnologie e sul relativo impatto che esse hanno nella vita quotidiana, nasce “Web 3.0: capirlo e orientarsi”. Una rubrica nata dalla collaborazione fra Lugano Living Lab, il laboratorio di innovazione della Città di Lugano, l’Istituto di Media e Giornalismo dell’Università della Svizzera italiana e il gruppo Corriere del Ticino. Una rubrica bisettimanale che affronta lo spazio Web 3.0 da un punto di vista sociale, considera inevitabilmente la tecnologia ma non ambisce a spiegarne i funzionamenti tecnologici ma bensì sociologici, considerando il suo passato e le attuali applicazioni, interrogandoci sul futuro.
Partiamo quindi dal termine Web 3.0: è logico pensare che prima di un 3.0 ci sia stato perlomeno un Web 1.0 e un Web 2.0, tema attualmente in studio presso l’Istituto di Media e Giornalismo dell’USI.
Il Web 1.0 fa riferimento alla prima generazione del World Wide Web, detto comunemente www, un insieme di testi collegati fra loro e consultabili attraverso l’uso di un browser. Alla base di questa ideazione la figura chiave di Tim Berners-Lee, informatico e scienziato britannico che nel 1989, mentre lavorava al CERN di Ginevra, ha dato vita al www con il contributo di Robert Cailliau. A seguire nel 1991 venne pubblicata la prima pagina Web, sebbene lo scopo fosse ben diverso da quello del web attuale. Si trattava di un sistema per facilitare la condivisione di file fra scienziati di università e istituti diversi. Un sistema chiuso, quindi, caratterizzato da un'interazione limitata da parte dell’utenza.
A cambiare prospettiva agli inizi degli anni 2000 giunge il concetto di Web 2.0, che non rappresenta un Web separato ma un’estensione dello stesso. Fu proprio a seguito della bolla speculativa che fece perdere alle aziende legate al Web tre quarti del loro valore in circa un anno (2000-2001), il mondo legato a Internet cambiò. Nel 2004, Tim O’Reilly, editore e sostenitore del software libero (open source), riunì le grandi aziende high tech in un convegno a San Francisco per teorizzare i punti chiave del nuovo web: il Web 2.0.
L’aspetto più lampante del Web 2.0 fu il ruolo dei contenuti: ovvero i contenuti non erano più prodotti solo da utenti esperti ma tutti gli utenti potevano contribuire alla creazione di contenuti per il web. Sono infatti gli utenti stessi ad aggiungere valore alle piattaforme grazie ai contenuti da loro creati. Inoltre, sono sempre gli utenti a creare un sistema di classificazione all’interno del Web con il cosiddetto “tag”, ossia un’etichetta digitale. Pensiamo ad esempio agli hashtag che troviamo nei social media: una dinamica di classificazione dei contenuti formata da parole chiave scelte dalle persone e non gestita direttamente dai creatori delle piattaforme. Fu Pierre Lévy, studioso dell'impatto di Internet sulla società, che si riferì a questo fenomeno con il termine di “intelligenza collettiva”.
Ma non solo, prendiamo un esempio ipotetico in cui Facebook voglia introdurre una nuova funzionalità. Per poterlo fare, però, deve assicurarsi che sia utilizzabile positivamente dall’utenza. Invece di testare questa idea all’interno della propria azienda, si affida ad alcuni utenti di Facebook che per diversi mesi e gratuitamente proveranno la novità. E’ proprio attraverso la collaborazione online, che utenti e piattaforme migliorano la loro esperienza sul web.
Tuttavia questa interazione tra noi utenti e le piattaforme online, ha anche un altro risvolto. Queste piattaforme online, pensiamo in particolare ai social media ai quali abbiamo accesso in modo gratuito, ebbene esse in realtà non sono del tutto gratuite. Pertanto l’utente a fronte di un utilizzo gratuito del servizio fornisce a volte inconsapevolmente informazioni personali come i dati biografici (età, residenza, ecc.) o indicazioni circa le proprie preferenze (quali notizie siamo soliti seguire di più, quali prodotti ci piacciono, ecc.). L’accesso ai nostri dati personali da parte delle piattaforme è generalmente regolato da misure come la Legge sulla protezione dei dati personali. A seconda delle diverse indicazioni espresse nelle pagine dei termini e condizioni che spesso non vengono lette per un veloce “Accetta tutti i cookies” i nostri dati personali possono essere utilizzati dall’azienda stessa oppure venire concessi ad aziende terze allo scopo di fare pubblicità e migliorare le rispettive vendite online.
Una dinamica economica che utilizza tecnologie persuasive che possono estendersi ad altri ambiti, come l’orientamento politico, la percezione di comunità, o ancora considerazioni sulla salute o sull’interpretazione di fatti e relazioni fino a toccare la sfera valoriale personale potendo rischiosamente alterarla o influenzarla.
Una piega economica e commerciale che negli anni ha arricchito la nostra esperienza digitale potendo utilizzare servizi tecnologicamente avanzati, ma che ha tuttavia creato una falla. In altre parole: posso scegliere davvero di visualizzare ciò che è interessante per me oppure vengo esposto, attraverso gli algoritmi utilizzati dalle piattaforme, a contenuti rilevanti secondo logiche economiche che beneficiano pochi attori, limitando in questo modo - come spiega il Prof. Colin Porlezza, docente ricercatore presso ImeG USI - il nostro accesso ad un'informazione diversificata?
Da questa domanda si sviluppa quello che per alcuni è inteso il Web 3.0. Una visione di un web in primis decentralizzato dalle grandi aziende tecnologiche, in cui gli utenti possono decidere la sorte dei propri dati personali tramite l’utilizzo di tecnologie complementari alle esistenti. Ma quali sono queste tecnologie? Come si collegano agli ideali del Web decentralizzato? Qual è il loro impatto sulla vita di tutti i giorni? Quali altri interrogativi dovremmo porci? Qui di seguito un sondaggio per raccogliere la vostra opinione sul Web 3.0. Discuteremo dei risultati nei prossimi articoli.
Articolo di: Mjriam Prudente e Maria Luisa Giannetta
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