Confine
Pizzicata in dogana con decine di chili di carne non dichiarata
© Fiorenzo Maffi
© Fiorenzo Maffi
Ginevra Benzi
3 anni fa
Un’ex gerente di un ristorante asiatico del Luganese è sotto inchiesta per aver importato merci e quantitativi di carne non dichiarati. Una scoperta che ha portato gli agenti dell’UDSC alla perquisizione del ristorante.

Dichiarare la merce acquistata quando si varca un confine nazionale dovrebbe essere la prassi. Ma i furbetti sono sempre dietro l’angolo e non lasciano di certo con le mani in mano gli agenti delle dogane. Lo scorso maggio una Porsche proveniente dall’Italia è stata fermata al valico di San Pietro di Stabio per un normale controllo, ma a non essere nella norma erano i quantitativi di carne non dichiarata. Stando a quanto riportato dal Corriere del Ticino, gli agenti dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) hanno infatti trovato 13 chili di carne nascosta nel veicolo, dove a bordo si trovava una donna. La stessa auto è stata pizzicata una decina di giorni dopo a Vacallo al valico di Pizzamiglio, dove sono stati trovati altri 12,5 chili di carne, sempre non dichiarata. Per questi motivi è stata aperta un’inchiesta penale doganale nei confronti della donna: il sospetto è che facesse costante ricorso ad autisti reclutati a China Town (Milano) per il trasporto.

Auto intestata a un ristorante del Luganese

Il veicolo in questione si è poi scoperto essere intestato a un ristorante asiatico del Luganese e a bordo, in entrambe le occasioni, c’era proprio la gerente. A seguito di alcune verifiche è poi saltato fuori che la donna era recidiva: già lo scorso anno era stata beccata già dagli agenti delle dogane con merce non dichiarata. Una scoperta che ha portato gli agenti dell’UDSC alla perquisizione del ristorante. Dopo aver controllato le fatture, gli agenti hanno ottenuto dalla donna – che nel frattempo ha lasciato la carica di gerente – il permesso di visionare preliminarmente il suo cellulare e controllare una chat relativa all’organizzazione dei trasporti di merci dall’Italia alla Svizzera. Un controllo che ha permesso all’UDSC di affermare che “sussistono fondati sospetti che la donna abbia violato con la partecipazione di terzi la legislazione federale. In particolare siamo indotti a credere che le importazioni sospette siano avvenute sulla base di un sistema collaudato”.

La donna si dichiara innocente

Dal canto suo, la ex gerente si dichiara sostanzialmente innocente per quanto riguarda il sospetto di aver messo in piedi un sistema di importazioni illegali ben collaudato. La donna ha dichiarato ai funzionari UDSC di “aver sempre ordinato la merce in Italia per telefono presso una ditta italiana specializzata, incaricando in seguito su una chat di WhatsApp degli autisti privati di China Town a Milano di consegnarle la merce in Svizzera”, dove pagava gli autisti o in contanti o tramite carta di credito, senza il rilascio di alcun documento; per contro le fatture in suo possesso venivano trasmesse al suo contabile”. "Ha sempre confidato”, si legge nei documenti d’inchiesta, “che gli autisti privati da lei incaricati e il suo contabile avevano rispettivamente avrebbero ottemperato correttamente alle relative pratiche doganali».